Il 22 in lotta per l'articolo 18
di Giorgio Cremaschi
Sappiamo tutti che
sarebbe necessario ben altro per contrastare la terribile controriforma
del lavoro che sta passando nel silenzio della opinione pubblica e nella
censura della grande informazione. E sappiamo anche che questo ben
altro non c'è anche perché le grandi confederazioni sindacali non
lottano davvero contro questo governo, sostenuto in maniera determinante
dal Pd. Il quale a sua volta ancora non paga tutti i prezzi di consenso
che dovrebbe pagare, come invece è accaduto al suo gemello greco Pasok.
Ma
non per questo dobbiamo considerare con sufficienza tutti gli sforzi e
le iniziative di chi non vuole arrendersi. Le iniziative promosse dal
Nodebito la scorsa settimana e i due giorni di mobilitazione di Roma
sotto la sigla Occupy Fornero sono comunque stati importanti anche se
non hanno raggiunto la partecipazione degli appuntamenti del passato. I
due giorni al Pantheon a Roma hanno visto giovani precari contestare
duramente quella controriforma che secondo il governo ed i suoi
sostenitori sarebbe invece a loro favore. e hanno prodotto un primo
disgelo tra forze e militanti che dopo il 15 ottobre dell' anno scorso
avevano chiuso tra loro. (...)
Ora c'è un appuntamento che può dare ancora di più. Il 22 giugno
praticamente tutto il sindacalismo di base ha indetto uno sciopero di 8
ore in tutti i settori, con manifestazioni a Milano e a Roma, in difesa
dell'articolo 18. Per lo stesso giorno la Rsu della Same ha lanciato un
appello per scioperare e manifestare a Bergamo sotto la sede ove la
Federmeccanica svolgerà la sua assemblea annuale.
Sono scelte giuste,
che danno voce ad un dissenso ben più vasto di quel che appare,come è
scritto in un vasto appello di giuristi democratici, sindacalisti ed
esponenti dei movimenti dirigenti dei partiti della sinistra.
Quando
un sciopero è giusto, se si può lo si fa. E non c'è dubbio che
scioperare in difesa dell'articolo 18 sia oggi una delle motivazioni più
valide per lottare. Perché la controriforma del lavoro non è neppure
legata ai conti pubblici come la mostruosa controriforma delle pensioni.
Essa è un puro prodotto della ideologia di Marchionne e della ricerca
spasmodica del supersfruttamento del lavoro. Essa è frutto del tentativo
della casta politica e tecnocratica di salvare se stessa offrendo ai
banchieri europei e alla finanza internazionale lo scalpo di uno degli
ultimi diritti del mondo del lavoro. E fa parte di una sempre più
aggressiva azione di rovesciamento della Costituzione Repubblicana sia
sul piano materiale come su quello formale.
Di fronte ad attacchi
analoghi nel passato, la Cgil riformista di allora scese in piazza e
vinse. Oggi la Cgil non lo fa per subalternità al quadro politico.
Nessuno faccia il furbo, poniamo una ingenua domanda al gruppo dirigente
della confederazione: se una simile legge l'avesse proposta Berlusconi
qualche mese fa, cosa avreste detto e fatto?
I militanti della Cgil
che scenderanno in piazza il 22 non solo faranno una cosa giusta, nello
spirito profondo dei valori del sindacato di Di Vittorio. Ma, sia ben
chiaro, non violeranno lo Statuto dell'organizzazione. Dove sta scritto
infatti che in Cgil non si può più scioperare per l'articolo 18?
Chi
può,dunque, partecipi a quella giornata di lotta. Non sarà quello che
sarebbe necessario, ma servirà ad una affermazione molto importante,
utilissima per i prossimi duri attacchi che ci attendono. La giornata
del 22 servirà a smentire Monti, che finora all'estero si è vantato che
qui da noi le controriforme sociali hanno il consenso e passano senza
contestazioni.
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